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La paura del diverso

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Il titolo di quest’articolo racchiude una definizione: la paura del diverso, straniero, o estraneo a noi, sotto qualche aspetto. A molti risuonerà familiare, è ciò che troviamo sul dizionario alla voce “xenofobia”. Il concetto di paura, connaturata negli esseri umani come caratteristica che, a livello evolutivo, ci rimanda alla nozione di un elemento estraneo che può nuocerci e da cui dobbiamo fuggire, o muovere una qualche azione difensiva o di attacco, è ciò che sta alla base di questi atteggiamenti insofferenti, così dilaganti, che risultano, ad un occhio attento, antropologicamente fuori luogo, ancestralmente sfasati e in ritardo su tutta la linea, evolutivamente parlando. In sostanza, non più validi ai fini della sopravvivenza della specie e francamente associabili al regno animale, un filino più inferiore, se mi consentite, alla cosiddetta “intelligenza umana”.

Gli atteggiamenti di chiusura, ritrosia, rabbia, intolleranza e bigottismo, li riconduco semplicemente ad altre paure ed ansie dell’uomo medio, malamente superate, se non invalidanti e del tutto inconsapevoli, che ammalano e disturbano la corretta valutazione razionale dei fatti, e che limitano, sì, limitano profondamente lo scambio autentico con gli altri, nonché la sua presunta “ragione”.

Non sto dicendo che dobbiamo abbassare completamente le difese e renderci vulnerabili di fronte a tutti, che dobbiamo essere buoni/buonisti e porgere l’altra guancia di fronte a chi ruba, compie violenze o delinque. Neanche di accettare passivamente atteggiamenti che limitano l’espressione della donna poichè ancora impregnati di maschilismo, o che risultano volgari perché manifestati con sfacciataggine ed esibizionismo. Ma di mantenere un atteggiamento che considero ai limiti dell’intelligenza razionale e relazionale, di osservazione prima, di valutazione (quanto più possibile scevra da condizionamenti socio-politici), e di senso critico personale poi.

In parole povere, guarda bene chi hai di fronte, di volta in volta, decidi se, con il tuo buon senso e un pizzico di istinto se è una persona che è degna, come te d’altronde, di esistere ed essere considerata tale, e poi fai le tue valutazioni, con un po’ di cuore e abbassando la tua aggressività, fornita quasi in dote da una società che spinge alla competitività (anche di risorse), che ti fa essere sotto stress continuamente sotto la pressione di crisi di vario genere, politiche, monetarie, dei valori, e via dicendo, che tende a limitare lo scambio umano e ci vorrebbe tutti “ammaestrati”, contenuti dentro alcune rigide etichette per esercitare un controllo migliore, e che teme, lei per prima, il diverso, in ogni sua forma.

Non parlo, se si comprende tra le righe, né solo di razzismo, né solo della tanto odiosa omofobia, per la quale, dato che gay e lesbiche sono esistite da sempre, veramente non trovo un fondamento valido anche solo per avviare una simil discussione con persone dal cervello così piccolo e così spaventate da ciò che per loro è ancora sconosciuto, da temere…cosa? un contagio? una (ulteriore) crisi dei valori? per quella forse bastano i tanti programmi spazzatura oggi in circolazione e la poca cura che si pone nell’educazione di bambini cresciuti senza empatia e accettazione dell’altro, senza regole e/o confini e abituati ad avere tutto e con facilità, diseducati al bello, all’arte, alle tradizioni, ai legami autentici con le persone, ad una cultura di mondo che permetta loro di comprendere che alcune situazioni che ci ritroviamo ora hanno cause lontante e ben rintracciabili nei vari ordini sociali, che servono a mantenere altri equilibri di sfere di potere a noi neanche troppo lontane, ma ben visibili ad occhio attento e maggiormente curioso.

Quindi vi prego, basta con queste lotte tra poveri, con la caccia al “nemico” al di fuori di noi e della nostra piccola cerchia, scegliamo chi ci fa star bene, chi frequentare, miglioriamo noi stessi e la nostra realtà, per quanto ci è possibile, trasmettendo con l’esempio. Il resto è solo pettegolezzo per elaborare e “sfogare” le nostre personalissime frustrazioni.

Dottoressa Federica Giromella

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